A.C. 4135-A
Presidente, onorevoli colleghi, mi corre l'obbligo di partire dalla storia, per rendere onore al lavoro di questo provvedimento nato col Governo Renzi. Nel nostro Paese, in questi ultimi decenni, sono stati introdotti elementi di flessibilità nei rapporti di lavoro, che in un sistema contrattuale rigido si sono tradotti in precarietà. Le intenzioni delle varie riforme giuslavoristiche sono state in gran parte disattese. Già prima del 2007 si poteva osservare come quelle misure non avessero granché aumentato il numero di occupati; ma soprattutto, l'introduzione dei contratti atipici, aveva portato ad una polarizzazione estrema del mercato del lavoro, aumentandone la conflittualità interna e le distanze tra generazioni, indebolendone la struttura e lo scambio di saperi e conoscenze e rendendo i percorsi personali frastagliati e spesso per nulla coerenti rispetto a mansioni e a competenze, e tutto ciò a discapito della crescita professionale e delle scelte di vita. In definitiva, quelle riforme hanno fallito, a discapito della flessibilità, che doveva essere coniugata con la sicurezza. E nemmeno sarebbe bastato, per fare una battuta, fondere insieme queste due parole e tradurle in inglese, per avere risultati migliori, come qualcuno ha pensato anche dalle nostre parti.
Tra il 2008 e il 2012, a perdere più facilmente la propria occupazione sono stati soprattutto i giovani, la mia generazione, che era entrata in quel mondo del lavoro più facilmente licenziabile e praticamente gratis. E quando il lavoro in genere è venuto a mancare per effetto della crisi, non avendo il lavoro precario dei veri ammortizzatori, ognuno si è dovuto riadattare facendo leva sulle proprie competenze. Così è cresciuta la capacità di resistere nel mercato alla crisi economica, alle trasformazioni in continua evoluzione che investono tutto, dall'innovazione tecnologica alla produzione di beni e servizi, in un mondo in cui sono state messe in discussione le nozioni stesse di spazio e di tempo. Così, intere fasce di professionisti e nuove professionalità fuori da schemi tradizionali sono aumentate nei numeri ed hanno contribuito alla formazione di un quarto del PIL nel nostro Paese, in cambio si sono trovati spesso redditi molto bassi, tassazione elevata e spesso zero tutele. Con la delega «lavoro», il Governo e la maggioranza hanno iniziato a porre i primi rimedi rispetto a questo, eliminando i Co.co.pro. e promuovendo il contratto a tutele crescenti, come misura di stabilizzazione del mercato del lavoro. I dati ci dicono, fino ad oggi, che le nostre intuizioni erano giuste, e che quel lavoro dovrà essere proseguito e naturalmente migliorato. Questa legge ne costituisce l'altra gamba fondamentale.
Presidente, ho voluto ripercorrere un po’ di storia perché troppo spesso liquidiamo il nostro lavoro come fosse un fatto burocratico costantemente migliorabile, e se questo certamente in parte è vero, non possiamo, noi che amiamo la storia e che preferiamo non parlare a sproposito di cadute di impero o di rinascimento, come è successo ieri in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), non ricordarci le ragioni profonde che ci spingono a discutere leggi importanti come quella che andremo a votare tra poco, perché noi, cari colleghi e colleghe, la politica la facciamo credendo nel suo valore, la facciamo per cercare di migliorare la vita delle persone. Per questo lavoriamo e non rinunceremo alla fatica del confronto in nome del ben più facile gioco del ditino puntato sempre contro qualcosa o contro qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Facciamo politica e faremo tutto ciò per il rispetto che nutriamo nelle istituzioni e nei cittadini.
La facciamo perché andava sanata una frattura con quei 2 milioni di donne e uomini lavoratori autonomi non imprenditori, i quali non potevano attendere oltre un provvedimento che trasferisse loro un impianto di tutele complessive. Se vogliamo parlare di storia, parliamo del perché un'intera generazione si è candidata alle elezioni politiche: volevamo portare altri punti di vista, eccoli finalmente. Avremmo fatto un torto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) innanzitutto a chi ha creduto in noi, se non avessimo sanato questa frattura. Questo disegno di legge è partito con il Governo Renzi, come dicevo, è un tassello importante per far sì che la riforma del lavoro iniziata con il cosiddetto Jobs Act sia davvero capace di stare nella modernità, provando ad aggredire le conseguenze di una globalizzazione, che forse abbiamo più subito che saputo cogliere come opportunità per rilanciare e aprire nuovi strumenti e nuove misure universali. Ora lo stiamo facendo, perché per troppo tempo si è fatto un torto a chi rappresenta in molti casi l'eccellenza, il coraggio, l'innovazione del nostro sistema produttivo, donne e uomini che vivono un paradosso: sono protagonisti del nostro tempo, della società della conoscenza, ma vittime di una fragilità strutturale nei confronti del resto della popolazione attiva.
Che cosa contiene dunque questo provvedimento: tutele della committenza, contro i ritardi nei pagamenti; tutele per il lavoratore, per quanto riguarda le clausole abusive all'interno dei contratti ed estende la normativa contro la dipendenza economica; si riconosce il diritto dell'attività creativa e inventiva del professionista; si agisce sulla leva fiscale per dare maggiore importanza alla formazione, all'orientamento e dunque la qualificazione, stimolando così chi davvero si vuole mettere in gioco; si estende la disciplina di partecipazione ad appalti pubblici e incarichi privati; si equiparano i professionisti alle piccole e medie imprese per l'accesso ai fondi europei; si crea uno sportello per il lavoro autonomo, del quale oggi qualcuno critica l'utilità, che invece sancisce il principio per cui i centri per l'impiego, all'interno di Anpal, dovranno rappresentare un punto d'incontro vero tra domanda e offerta di lavoro. Si tratta cioè di un investimento politico in quella
direzione, verso l'orizzonte già delineato in questi anni, che in qualche modo completa la rivisitazione delle politiche attive per il lavoro nel nostro Paese.
Una logica di sussidiarietà orizzontale, invece, dal mio punto di vista non sufficientemente aperta, ha ispirato gli articoli 5 e 6 introdotti al Senato, le cui deleghe dovranno evitare fratture tra professionisti di serie A e professionisti di serie B.
Importante è poi la delega introdotta dal nostro lavoro in Commissione, per rivedere i criteri di accesso all'indennità di malattia, sulla quale ci auguriamo che il Governo agisca rapidamente.
Soprattutto si estendono i diritti alla maternità, rendendoli più flessibili ed esigibili per la donna lavoratrice autonoma. Si amplia il congedo parentale, applicandolo anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo, si entra cioè nella modernità della vita delle donne. Inoltre, malattia, infortunio, gravidanza non potranno fare estinguere il contratto. Anche qua vorrei dire: finalmente l'abbiamo messo per iscritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !
L'articolo 6-bis poi, che è stato inserito nel nostro lavoro in Commissione, ha il merito di portare a compimento una lunga battaglia, condotta trasversalmente dalle forze politiche, dai colleghi e dalle colleghe, dalle associazioni di ricercatori e lavoratori, per estendere un diritto ed affermare un principio: il diritto è quello all'indennità di disoccupazione, la cosiddetta Dis-Col, che diventa stabile per i collaboratori, che sono lavoratori come tutti gli altri e come tali necessitano della tutela dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il principio, che invece stabiliamo, è che la ricerca è lavoro e come tale deve essere tutelata e devono essere tutelati i precari della ricerca italiana.
Il testo del Governo, così modificato al Senato, contiene anche il tema del lavoro agire. Voglio ricordare che lo smart working non è un nuovo contratto, viene recepito da questa legge come segnale di innovazione nella regolazione dei rapporti di lavoro, con lo scopo di definire un quadro giuridico per le imprese e i loro dipendenti che lo vogliano utilizzare. L'articolo 15 lo esplicita e lo ribadisce, per chi ancora non l'avesse compreso. In Italia oggi sono circa 250.000 i lavoratori dipendenti che lo sperimentano. Se un dubbio deve essere posto, mi chiederei invece se gli spazi lasciati aperti da queste norme in merito alla sicurezza del lavoratore, i suoi orari di lavoro, i mezzi di produzione non costituiscano motivi di ambiguità o incertezza. Dovrà essere la contrattazione collettiva a tutti i livelli a integrare quanto la legge non può esprimere sullo smart working. Per questo motivo la Commissione ha deciso di precisare nel testo che qualsiasi accordo, pur restando fra datore e lavoratore, segue le regole fissate a un livello più alto.
Avviandomi alla conclusione, vorrei sottolineare il mio apprezzamento per quasi l'unanimità, che ho sentito anche in quest'Aula, di perseguire l'articolo 36 della Costituzione, e cioè il tema di un equo compenso.
È un tema molto delicato e articolato questo, che è stato già oggetto di riforme precedenti, sul quale sarà necessario un dibattito, che non poteva di certo essere affrontato in questo primo quadro normativo, perché occorreva appunto sanare una ferita più grande.
Noi tutti avremmo voluto di più, ma abbiamo fatto una scelta e sono le scelte a caratterizzare la politica. Vogliamo che questo provvedimento diventi legge presto, per cui ben vengano gli approfondimenti, ma dopo. Anche su questo la storia ci aiuterà un giorno a fare chiarezza e ci aiuterà a comprendere meglio i veri innovatori, i veri riformisti.
In quell'elenco fatto di tanti uomini e donne che con coraggio hanno sempre scelto bene da che parte stare, anche quando non era facile, anche quando non era scontato, vorrei ricordare chi per me e per molte colleghe e colleghi ha rappresentato quell'essere riformista visionario a cui devo e dobbiamo dedicare questo grande passo in avanti. Questo provvedimento per noi è dedicato a Davide Imola (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): riformatore vero, compagno inestimabile, sindacalista del futuro. Ci hai dimostrato con il tuo esempio e la tua tenacia che, com'eri solito dire, bisogna tenere botta e combattere sempre per ciò in cui si crede. Ci siamo arrivati, caro Davide, riuscendo da poco ad abbassare anche quell'aliquota previdenziale che la riforma Fornero vedeva crescere fino al 33 per cento nel 2018. L'abbiamo bloccata e l'abbiamo portata ora al 25 per cento, esattamente come tu chiedevi.
A lui, per lui, per due milioni di lavoratori, è con onore che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico.